Oppio e altre storie by Géza Csáth

Oppio e altre storie by Géza Csáth

autore:Géza Csáth [Csáth, Géza]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni e/o
pubblicato: 2011-11-15T23:00:00+00:00


Padre e figlio

In una mattinata d’inverno simile a tante altre, il primo assistente dell’Istituto di anatomia annunciò che c’era un signore il quale desiderava parlare urgentemente col direttore.

Il professore gli mandò a dire che avrebbe potuto riceverlo soltanto per pochi minuti, perché doveva tenere la sua lezione. Infatti si udivano già gli studenti di medicina rumoreggiare nell’aula.

Il visitatore – un uomo alto e pallido, ben vestito – entrò, fece un profondo inchino e si mise a parlare in fretta, incespicando per l’emozione. A giudicare dal suo volto glabro non lo si sarebbe neanche detto un ungherese, sebbene la sua pronuncia fosse perfetta. Gli occhi miopi erano nascosti dietro un pince-nez dalla montatura nera.

«Chiedo scusa se la disturbo, illustrissimo signor direttore, ma si tratta di una questione estremamente urgente, per lo meno per me. Il mio nome è Pál Gyetvás, faccio l’ingegnere e sono arrivato ieri dall’America. Appena sceso dal treno, mia madre mi ha comunicato che mio padre non era più nel numero dei vivi. Avrei dovuto ricevere la lettera con cui mi annunciava la sua morte il giorno stesso in cui mi sono imbarcato per far ritorno a casa... Insomma ho appreso che non c’era più nulla da fare, mio padre era morto ed era deceduto in questa clinica. Mia madre, quando sono arrivato, viveva in grande indigenza, tanto che non aveva neanche i mezzi necessari per farlo seppellire. Per farla breve, ha lasciato qui il cadavere, perché le avevano detto che la clinica avrebbe provveduto a seppellirlo. Ora io mi sono interessato della faccenda, e ieri stesso ho saputo che il cadavere di mio padre è stato trasferito all’Istituto di anatomia per essere usato come oggetto di studio dagli studenti. Inoltre ho saputo anche che i cadaveri vengono sepolti solo una volta che siano già stati fatti completamente a pezzi, e che questi brandelli vengono messi nella bara tutti alla rinfusa. Vorrei sapere se è questo il destino che è toccato a mio padre o se invece è possibile, come mi ha detto l’inserviente, che le sue ossa siano state fatte bollire per ricomporre quindi lo scheletro. Vorrei sapere che fine ha fatto mio padre e se le cose stanno così la pregherei, signor direttore, di volermi far restituire lo scheletro o almeno il teschio, ma possibilmente lo scheletro intero, perché possa farlo seppellire... Insomma, signor direttore, la supplico di far fare qualche ricerca per appurare se è vero che lo scheletro di mio padre si trova qui da voi. L’inserviente mi ha detto che di solito a questo scopo si scelgono dei bei cadaveri dall’ossatura robusta, e mio padre aveva delle ossa imponenti ed era alto quanto me... Rimborserò l’Istituto per le spese già affrontate...».

Il direttore era rimasto ad ascoltare quello sproloquio esagitato continuando tranquillamente a lisciarsi la barba; quindi prese la parola e disse a voce bassa, con meditata lentezza:

«Se lei crede, si può dare un’occhiata; qual era, mi scusi, il nome di suo padre?».

«Si chiamava Pál Gyetvás, come me».

«Di norma l’Istituto non rilascia cadaveri... Ma



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